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8 regole del Fight Club applicate alla UX design

Negli anni 90, il mitico David Fincher realizzava lo straordinario film cult intitolato Fight Club dall’omonimo romanzo di Chuck Palahniuk. Un film che ha aumentato la sua fama negli anni fino a diventare un’icona speciale per una filosofia di pensiero unica ed identificabile con “Fight Club” come insegnamento di vita. Tyler Durden (il personaggio interpretato da Brad Pitt) parlava direttamente a me, quando il film veniva proiettato sullo schermo, come se fosse un docente in realtà virtuale, pertanto potrei traslare quelle filosofie in una Fight Club per UX in 8 utili regole.

 

1. Solo quando avrai perso ogni cosa sarai libero di poter realizzare di tutto

Tyler ci dava questa pillola di saggezza mentre una sostanza chimica divampava tra le sue mani. C’era una soerta di filosofia illuministica nello spiegare che perdere tutto è essere liberi per poter ricominciare da zero. Era qualcosa di eccitante che allo stesso tempo spaventava. E’ la possibilità di ripartire da zero!

 

Applicando alla UX la filosofia di Tyler potrei dire che è obbligatorio rimuovere tutto quello che non è necessario, superfluo o semplicemente inutile. Abbandonare tutti i relitti che ci rallentano verso la via del successo. Ogni elemento nella progettazione dovrebbe essere funzionale e avere uno scopo.

Così come diceva Antoine De Saint-Exupery

“La perfezione viene raggiunta, non quando non c’è più nulla da aggiungere, ma quando non c’è più nulla da togliere.”

 

2. Attaccare delle piume sul tuo culo, non fa di te un pollo

Questo è essenzialmente quello che Tyler ci dice per credere in noi stessi e renderci conto di chi siamo senza cercare di essere qualcosa che non sei. E’ importante però attuare anche questa regola nella UX e potrei enunciare che è bene si valutare le soluzioni messe in altro da altri, capirne i segreti ma non certo cercare di imitarli. Noi non siamo loro, quelle regole potrebbero non valere per il nostro mercato o per il nostro progetto ma potrebbe essere un riferimento o un case study da valutare. Che si tratti di una certa interazione paradigma o una struttura di navigazione, ponetevi le domande vitali:  perché, chi, come e quando si sta utilizzato questo oggetto nella vostra UX.

3. Le cose che possiedi finiscono per possederti

Ok, se qualcuno ama davvero quello che facciamo e spende ogni loro momento nella giornata ad interagire con esso allora va tutto alla grande. Ma nella realtà non aspettatevi questo. Dopotutto anche i nostri users hanno una vita da vivere e di certo non la passeranno al 99% sulle nostre app o sui nostri siti.

 

4. Rifiuta gli assunti di base della civiltà, in particolare l’importanza dei beni materiali.

In questa frase Tyler si scontra con un problema, che oggi credo sia più catastrofico di 20 anni fa quando uscì il film. Si tratta di non dare totale importanza ai beni materiali. Vorrei tanto sapere, oggi, quali sarebbero state le reazioni di Tyler a Facebook, Snapchat, Instagram e compagnia bella. Ovviamente Tyler va abbastanza in estremo per definire il suo punto di vista, ma in sostanza ci sta dicendo di essere consapevoli su ciò che abbiamo effettivamente bisogno rispetto a quello che vogliamo.

Ecco perché è molto importante che noi creiamo esperienze che contano veramente per le persone.

Che si tratti di risolvere un problema, rendendo la loro vita più facile in qualche modo, o semplicemente intrattenendoli dobbiamo realizzare applicazioni utili. Fate attenzione nel vostro lavoro, e se renderete la vita di una sola persona migliore, siatene orgogliosi.

 

5. Questa è la tua vita, e sta finendo un minuto alla volta.

Ok, questo è piuttosto un sentimento deprimente, così possiamo dargli un’occhiata in un modo un pòdiverso. La vita è fugace e il nostro tempo è breve, per cui dobbiamo fare i conti con ogni momento che viviamo. Possiamo applicare questa filosofia UX in due modi diversi. In primo luogo, capire abbastanza rapidamente la mente del nostro utente e sulle sue necessità o meno, in modo che continui ad utilizzare il nostro prodotto o servizio. Un’app difficile da usare o frustrante, farà scappare il nostro user.

Perché? Perché la vita è troppo breve per sprecare su roba scadente.

In secondo luogo, è troppo breve anche per noi nello sprecare il nostro tempo nella creazione di qualcosa che non sia diverso ed che sia un’eccellenza. Se siamo in grado di rendere la vita dei nostri utenti solo un pò migliore durante il loro breve tempo su questa Terra, non sarà altro che tempo speso bene, giusto no?

 

6. Non sei un unico e bel fiocco di neve

Filosofia interessante. Tyler ci ricorda che siamo tutti fatti della stessa materia organica in decomposizione, quindi in definitiva ciò che conta è solo l’individualità! Questo è anche un po ‘un aspetto negativo, quindi cercherò di rigirare in modo più utile il concetto.

Come UX designer, dovremmo cercare di reinventare la ruota ogni volta che iniziamo un nuovo progetto?

Probabilmente no, sarebbe stupido. Va bene però appoggiarsi sugli esempi di altri che sono arrivati ad un obiettivo, prima di noi. Utilizzare soluzioni di successo che sono già là fuori (per il web) per aumentare le informazioni sul proprio lavoro (ma ricordatevi di non attaccare le piume fino il culo, ovvero di non essere superbi) è essenziale. Se le persone godono utilizzando un certo paradigma, potete cavalcare l’onda e utilizzarlo per aiutare le interazioni dei vostri utenti con la vostra app. Sì, l’originalità è fondamentale, ma fate attenzione a non creare frustrazione e porre ostacoli tra lo user e l’interfaccia dell’app.

7. Potrò mai essere complete. Potrò mai essere soddisfatto. Potrò mai essere perfetto.

Vogliamo che il nostro lavoro sia ottimo, ma se si raggiunge quel punto, dobbiamo fermarci? Io non credo. Dobbiamo spingere costantemente noi stessi e il nostro lavoro al meglio, sempre più avanti.

Uno dei fattori che ci permette di spingere noi stessi ulteriormente è la prova. Provare costantemente!!!

 

8. Io dico di smettere ad essere perfetto, dico di cercare di evolverci, e lasciare che i trucioli cadano dove possono.

Tyler ci sta dicendo che va bene anche non essere, o anche non sforzarsi di essere, perfetto. Se le cose non sono esattamente perfette, va bene lo stesso – tanto non rimarrà così per sempre.

Sfruttate al meglio la situazione, apprezzare e godere di ciò che si ha.

Qualunque cosa tu stia facendo in questo momento potrebbe non essere perfetta. E va bene così! Qualunque cosa stai facendo può evolvere, non è finita ancora. E questo è esattamente ciò che un buon UX dovrebbe fare.

Dobbiamo sempre essere la risposta ai desideri dei nostri utenti, ai loro bisogni creando continuamente un prodotto o servizio che possano amare.

Come UX designer, dico di abbracciare la filosofia del Fight Club UX, osservare le sue filosofie e i suoi messaggi nascosti, perché in realtà può aiutarci a creare esperienze migliori.

 

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Emozionare con un’esperienza unica

Emozionare gli utenti che visitano il vostro sito, significa fornire loro un’esperienza di navigazione esclusiva. Lo studio UX360 realizza siti Web che mescolano l’accuratezza grafica all’immediatezza nella navigazione con un effort sulla User Experience.

Sia per aziende del settore B2B che B2C, UX360 trova le soluzioni ottimali per una comunicazione chiara e coinvolgente, utilizzando ambienti interattivi ideati per soddisfare le richieste dei clienti.

La scelta della giusta User Interface Grafica e della corretta comunicazione sarà il biglietto vincente per stupire l’utente, coinvolgerlo, gratificarlo e fidelizzarlo. Questa è la premessa per qualsiasi progetto Web, siano essi portali, sito o Applicazione smartphone e/o tablet.

 

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Le Aziende Italiane amano le pezze!

Loading Perpetuo!

“Alla faccia della User Experience” dopo ore ed ore di offline per il sito di un noto servizio italiano, scopro che il tutto era per lanciare il nuovo portale dove c’è stata la morte della UX.

Simpaticamente ho fatto notare su Twitter che il sito era offline

Beh, “che che se ne dica” come al solito la solita pecionata (definizione di: pezza, toppa, artefatto, barbatrucco, mpiccio o ‘mbroglio) all’Italiana, magari da un sacco (molti ma molti) di euro. Ebbene si, sono veramente affranto da quanto accade per la UX nei portali istituzionali in Italia e come al solito questa ne è la dimostrazione. In pratica hanno lasciato un portale con il solito cruscotto (una sorta di escamotage informatica) messo tra lo strato del vecchio sito e una bella grafichetta nuova. Il risultato? Un casino estetico che disorienta lo user. Figuratevi che mi sono perso anche io nel cercare l’estratto conto online del conto bancario.

Eccolo qua, nell’immagine sottostante il portale in tutto il suo splendore.

Resta il fatto che… dove cavolo lo avete messo il conto corrente? Forse una delle operazioni che lo user utilizza di più visto che non vuole fare mega-file negli uffici fisici. Ed inoltre, il valore aggiunto del portale è proprio quello di permettere operazioni bancarie “al volo”, senza fila e senza code, comodamente da casa. Ma allora io dico, se il vostro core business per fare introiti monetari sono operazioni bancarie, perchè cavolo le mettete fuori dalla schermata visiva principale? Cioè io (user) devo scorrere la vista per andarmi a cercare la sezione del conto bancario. Allora il designer che ha progettato il sito potrebbe dirmi: Walter, sei un coj**ne perchè nel menù in alto c’è… si ma dove sta? Quale tra le due informazioni che mi indichi del conto bancario è quello corretto?

Nella schermata successiva, ecco il menu a tendina che si apre quando cliccate su CONTI CARTE E FINANZIAMENTI. Beh che dire si evidenzia in azzurro la voce selezionata ma resta evidente anche SERVIZI ONLINE che è un’altra sezione ammucchiata con le voci di menu. E’ tutto n’ammischio (un miscuglio), dicono in ciociaria (la mia patria). Tornando a bomba, visto che sono su di giri e colmo di rabbia perchè non si investe negli UX designer… Io dico a chi ha progettato il tutto: << hai tenuto conto che siamo in europa?>> ovvero noi leggiamo da sinistra verso destra per cui il nostro cervello si aspetta di trovare le informazioni più importanti su di un sito a sinistra…

 

…E il designer (magari poverino, è stato costretto a fare porcate sotto minaccia o moneta) mi potrebbe dire: <<si Walter, il boss mi ha detto di mettere li le informazioni pubblicitarie dei servizi e non i servizi online>>. Ed io gli direi:<< Ti dovevi impuntare e dire al tuo boss o al dirigente dell’azienda: NON CAPISCI UN CA***o>> come farebbe Steve Jobs, spiegandogli con mappe di calore, con analisi di UX che la scelta è una pura ed emerita cazz***ta.

Avete disorientato l’utilizzatore, come al solito facendo un casino epocale!!!! 

La zona Rossa che dovrebbe essere la parte principale, quella che dovrebbe contenere (per logica) i servizi che potrei avere online, subito!, Al volo! li ho messi in una zona che non mi sarei mai aspettato. Confido a contraddirmi ad ognuno di voi… vi aspettereste dei servizi nella zona verde? Siete abituati a trovarli li in altri siti?

Se fosse così scrivetemi pure, con tanto di capture screen!

E la cosa più bella, dopo che hai usato il 99% del tuo cervello, aver trovato dove devi cliccare per un cavolo di estratto conto… ti compare questo: TA DA”””!

IL SITO VECCHIO!

 

 

Che dire? Io, come ho detto in vari video post, veramente vorrei andare a zappare la terra… almeno ho una dignità professionale. Ma qui siamo al paradosso del paradosso. Portali istituzionali che non rispettano una ben che minima regola di UX, di accessibilità di ergonomia… E se ho fatto fatica io che sono “informatizzato” in un certo senso, uno come mio padre o mia madre come cavolo può usufruire dei servizi?

 

Utile o non utile? Questo il dilemma!

 

Walter Fantauzzi

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#CX

Oggi vi parlerò di qualcosa che non riguarda né la User Experience né la User Interface, ma di Customer Experience o CX. Vi parlerò del modo in cui il cliente percepisce l’interazione con un determinato brand a livello sia conscio che inconscio. E’ un modo intuitivo di misurare l’emozioni evocate nel cliente dopo un’azione razionalmente pianificata dall’azienda.

Si tratta di qualcosa che sia più legata a come il cliente si sente dopo aver interagito con il marchio. La CX è più legata al come che al cosa, ed è come il cliente valuta in modo cosciente o meno la sua esperienza.

I nuovi customers (clienti) potenziali per le aziende di oggi sono abituati ad utilizzare i device nella ricerca di contenuti in modo impaziente ma mai in modo indipendente. Questi comportamenti influiscono sulle nuove dinamiche decisionali, anche se i fondamenti della fiducia e della percezione di valore sono sempre più i fautori fondamentali nelle decisioni di un acquisto o nella scelta del Brand a cui essere fedeli.

Le aziende di conseguenza stanno diventando sempre più “cliente-centriche”, mettendo alla base delle loro strategie la customer experience.

Questo vuol dire che le aziende stanno cercando di “Umanizzarsi” canalizzando i loro sforzi per diversificarsi dai propri competitors. Così facendo quando un consumatore si troverà soddisfatto della propria CX su un determinato sito, sarà più propenso ad acquistare prodotti di quel brand e di sicuro lo sosterrà con il passa parola. I feedback (vedesi TripAdvisor) influiscono, oggi giorno, tutte le nostre decisioni. Costruiamo così una relazione con il brand in tempo reale, con i nostri post o feedback (è l’esempio di booking.com che ci permette di vedere le recensioni di un hotel da parte dei clienti che vi hanno pernottato).

Cosa occorre per costruire una CX positiva

  1. Ascoltare il consumatore: ogni relazione richiede ascolto. Le aziende devono oggi prestare ascolto ai sogni, agli obiettivi, alle passioni dei loro clienti. Dare ai clienti l’opportunità di parlare ed essere ascoltati è un’esperienza memorabile che molto conta nel definire il valore della propria customer experience.
  2. Differenziare il proprio prodotto e/o servizio. Un’esperienza memorabile è sperimentare qualcosa che esce dalla norma. Le aziende devono essere capaci di sottolineare ciò che le rende uniche e differenti dai propri competitors. Se il brand non si distingue dalla massa, nessuna relazione verrà costruita.
  3. Dimostrare il valore della propria offerta. Scoprire cosa ricerca il proprio target. Far percepire ai clienti che il brand sta cercando di risolvere le loro esigenze, permetterà di stabilire una relazione che attribuirà al marchio un valore che va oltre il prezzo o la qualità del prodotto che offre. Creerà una clientela fedele che non solo continuerà ad acquistare nel tempo, ma che raccomanderà ad altri i prodotti del brand.
  4. Dimostrare passione e creatività.
  5. Dimostrare impegno personale.

 

Walter Fantauzzi

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Micro Interactions UI

Se avete seguito gli ultimi trends del mondo grafico per le UI di questo periodo, probabilmente vi siete imbattuti nel crescendo popolare delle micro interactions. Articoli su articoli parlano di questi artefatti per incrementare l’attenzione dell’utilizzatori ed acquisire nuovi utenti per la vostra app.

Ma perchè tutto questo trambusto?

Perchè le micro interaction sono una sorta di innesco – dopo un’azione dell’utente – che riceve un feedback visivo o sonoro per far capire all’utilizzatore che l’interfaccia sta interagendo con lui nel modo opportuno (faccio l’esempio di quando inserite in alcune app la password errata e gli asterischi tremano tra loro).

E’ opportuno quindi anche in fase di progettazione e prototipazione, inserire questi meccanismi per rendere l’app più performante. Infatti, sono parti fondamentali della User Experience, anche se non avete tempo di integrarle nei vostri mockup, dovete assolutamente tentare di inserirli nei vostri mock-up.

Un piccolo trucco può aiutarvi

Un trucco è quello di usare delle GIF animate, facilmente realizzabili anche in Photoshop. Per voi ho scovato questo bellissimo link  di Sanne de Vries, che vi regala una libreria di GIF già confezionate, che vi faranno risparmiare tempo.

Micro Animations  e UI animate in una libreria di GIF.

 

Spero che ora i vostri prototipi saranno più dinamici e più veloci da creare.

Per qualsiasi domanda e/o commento potete lasciare una nota alla mia email: info@ux360.it – Buona UX

 

 

Walter Fantauzzi

 

 

 

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Capire cosa stimola i tuoi utenti

Per far innamorare gli users dei nostri prodotti, abbiamo bisogno dei loro feedback. Potremmo utilizzare un questionario per sapere dagli users cosa li motiva ad utilizzare la nostra app, ma questo sarebbe un approccio poco flessibile e non creerebbe una Human Emotion!

 

L’unica soluzione è: La ricerca generativa

 

Come è ben noto, gli esercizi pratici sbloccano la creatività dell’individuo perchè c’è sempre un gradino di separazione tra quello che una persona dice, e quello che fa. La ricerca generativa oltrepassa i filtri  cognitivi e mette in evidenza i livelli più profondi dell’esperienza umana.

Elizabeth B.-N. Sanders dice (in questo PDF) “Quando tutti e 3 le prospettive (quello che le persone fanno, quello che dicono e quello che creano) sono esplorate simultaneamente, l’empatia umana si stabilisce più radicalmente con le persone che usano i prodotti e i sistemi informativi”.

Il seguente schema, mostra il processo cognitivo di uno user.

 

Immagine by Invision

 

Benefici degli esercizi pratici per le interviste

  1. Diventare un ottimo ascoltatore per una visione condivisa
  2. Effettua una conversazione in modo naturale che produca rapporti forti
  3. Ottenere informazioni importanti per le motivazioni e le aspettative degli users
  4. Scoprire nuovi modi per ottenere storie piene di emozioni e di dettaglio
  5. Imparare dalle proprie intuizioni  e quelle dei partecipanti
  6. Creare una forte empatia per generare soluzioni

 Tipologie di esercizio

La cosa bella del sistema a ricerca generativa è che una sorta di framework. Un luogo in cui esistono modi di pensare per una ricerca circondata una svariata serie di esercitazioni che ripoterò qui di seguito.

 

Elenchi

Questo tipo di esercizio richiede ai partecipanti di riordinare le idee per avere un concetto finito di ciò che vogliono. Si otterranno delle idee al primo strato di livello mentale, quelle che di solito diciamo “io la butto lì”. Gli elenchi, o liste, richiedono il minimo sforzo ma creano un grande ordinamento di idee.

Risposte da completare

In questo esercizio, darete ai partecipanti una serie di risposte incomplete che loro devono finire. E’ un ottimo trucco per fargli esternare le loro idee interiori con i concetti che loro vogliono esplorare. Sono facili da completare ed un ottimo metodo di conversazione.

Ordinamento

Il riordino delle carte da ai partecipanti la possibilità di riordinare le idee. Usando delle carte con su scritto contenuti e funzionalità, chiediamo ai partecipanti di raggruppare le carte in gruppi e dargli una priorità dando loro un senso motivato.

Creare

Si tratta di una vasta gamma di esercizi, ma tutte incentrate attorno all’idea di dare ai partecipanti il modo di raccondare una loro storia. E’ un modo per farci spiegare idee complesse ed articolate.

Alcune attività da considerare in questa fase:

  1. Disegnare
  2. Collage
  3. Scolpire e modellare
  4. Costruire

 

Per creare soluzioni significative dobbiamo capire la gamma emotiva del nostro pubblico.

 

Progettare intorno alle persone

I clienti non sono utenti passivi, e per poter creare magnifiche soluzioni dobbiamo capire il range di emozioni intorno all’audience che loro creano.

 

Come disse Steve Jobs: “Non è compito dei consumatori di capire cosa vogliono.”

 

Walter Fantauzzi

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Capire i tuoi clienti: 7 domande da porgli

Congratulazioni, dopo tanto faticare avete preso un nuovo lavoro di UX!

Ma la parte difficile, deve ancora arrivare!

Finchè sarete dei freelancer o lavorate per un’agenzia, non è detto che avrete tutte le informazioni di cui avete bisogno, sul vostro cliente e su ciò che vuole farsi realizzare. Ci sentiamo quindi un pò allo sbando e sopratutto alla cieca mentre camminiamo, su una bella autostrada!

Immagine: Capital One
Immagine: Capital One

Dovete quindi battervi, una seconda volta, per avere un primo contatto con il cliente finalizzato a reperire totalmente le informazioni necessarie per iniziare a lavorare. Dovete pretenderlo, dovete imporvi… e dimenticare il modus operandi all’Italiana che recita: “TU INTANTO FAMMI UNA PROPOSTA”! Dovete rispondere: “IO NON TI PROPONGO NIENTE, IO TI DO UNA SOLUZIONE AD UN TUO PROBLEMA”, mi raccomando ne va della Nazione stessa, ne va di tutti noi Italiani!

 

Cambiamo il modo di lavorare! Cerchiamo di essere al massimo della professionalità, perchè noi a differenza del resto del mondo… Siamo i più gandi!

 

Intervistate, programmate, definite! Con queste 7 domande.

In cosa siete diversi dai competitors?

Cosa vi distingue rispetto le migliaia di altre persone che offrono la stessa cosa?

Una domanda volta a capire la cultura aziendale, i loro servizi e prodotti, il loro spazio di lavoro e il loro approccio lavorativo.

Perché si vuole un nuovo marchio / logo  / sito web / applicazione?

Assicuratevi sempre che il vostro cliente inizia questo processo con motivate ragioni. Chiedetegli di preciso cosa vogliono migliorare o cambiare. Mettete in discussione le loro richieste di interventi rapidi e brevi per incrementare al massimo il loro Business, non esiste! Tutto va studiato e programmato.

Come pensi che migliorerà l’immagine aziendale?

Chiedete sempre cosa pensano di ricevere in cambio di un buon progetto di design. Dovete sempre tener conto come un nuovo restyling possa far vedere agli occhi dei clienti, la nuova azienda. Dovete fargli avere la visione di come risulteranno agli occhi degli altri.

Quanto pensate di investire?

Non evitate il problema più urgente: quanto c’è da spendere? Da qui capirete moltissime cose sul vostro cliente. Fate domande dirette e precise senza divagare, siate FERREI! E’ una regola speciale nel primo approccio con i clienti, prima di instaurare un rapporto di lavoro.

 

Quali sono gli obiettivi a lungo termine?

Questo legame nelle domande precedenti vi da un quadro di come saranno i tempi e i modi per sviluppare il vostro progetto di rebrending. Queste domande sono la spina dorsale di una compagnia, da qui capirete come si vedono e come si vedranno. Siate sicuri di aver chiesto tutto sul design esistente prima di iniziare. Molte aziende hanno già delle strutture grafiche esistente e spesso vi troverete a lavorare con loro.

 

Qual è la timeline per questi progetti?

Una chiara idea di timeline deve essere stabilita con tutto il team. E’ facile buttarsi a capofitto nel lavoro, essere eccitati all’idea di creare qualcosa, ma al cliente gli interessa quando lo consegnerai. Spacchetta tutti i processi e definisci una scadenza per ogni problematica da risolvere in vari step. Cerca di essere realista sui tempi, e creati un timeframe (un calendario con scadenze ben definite) e comunicalo al team e al cliente.

 

Chi sono i principali stakeholders e coloro che decidono?

Non è una domanda difficile, ma va fatta e deve essere subito definita. Ti occorro parlare con le persone giuste, senza divagare e senza cadere in situazioni che ti portino fuori pista.

 

Domande e risposte definitive devono essere alla base della vostra intervista, non date possibilità ai ma e ai se, che come dice un detto Italiano: non portano a nessuna parte. In uno scenario perfetto queste domande e risposte ti porterebbero a delle soluzioni rapide e giuste, ma purtroppo non sono mai la realtà, sopratutto nel nostro paese… dove vivono clienti indecisi e “ignoranti” in materia.

 

Educhiamoli, facciamoli sentire parte del progetto… diamogli la soluzione giusta!

 

Walter Fantauzzi

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Holistic Adaptive Design: Fattori da considerare in un mondo multi-schermo

Nell’immaginario collettivo attuale, quando parliamo di touch screen, pensiamo al mondo dei tablet e smartphone, ma in realtà esistono altri mondi. Il problema principale di avere un solo design, è quello che ogni schermo ha una sua misura, larghezza, distanza e risoluzione che impatta sull’usabilità del dispositivo e la sua UI (User Interface).

I touch screen sono sempre più presenti nel mondo informatico tanto da essere incorporati in laptop, desktop e più recentemente nell’impiego più disparato (tipo taglia code, bancomat ecc…). Da qualche anno a questa parte, infatti, McDonald’s ha sperimentato una tipologia di ordinazione self-service per abbattere i tempi di attesa dei clienti.

Display taglia-coda di McDonald's
Display taglia-coda di McDonald’s
Ogni giorno, ognuno di noi interagisce quotidianamente con dispositivi di varia natura. Ogni dispositivo ha la sua capacità di risolvere problemi. Un approccio di tipo adaptive/progressive soddisfa il sempre più crescente bisogno di interactive experience per ogni users (utilizzatore) in base al suo contesto d’uso. Questa esperienza d’uso quotidiana, in tutti i suoi casi, cresce dinamicamente influenzata dai cambiamenti tecnologici e demografici.

When designing in a multi-screen world, the three major factors to consider at minimum are: viewing distance, touch area, and touch targets and interactions.

 

Distanza Visiva

La distanza visiva è lo spazio che intercorre tra lo user e l’informazione riportata su un dispositivo ( o la sua interazione mediante UI). Generalmente la distanza per i device maneggiabili (tablet, smartphone ecc…) è di circa 15 / 20 cm, mentre per la TV la distanza inizia ad essere oltre il metro. Nei due casi i rispettivi sistemi di input sono le dita per i maneggiabili e il telecomando per la TV, elementi fondamentali a rompere la distanza tra user e device. Quest’ultima influisce fortemente sulle misure dei Font ( testi, titoli ecc…), in modo esponenziale in funzione della distanza visiva, affinchè sia mantenuta la leggibilità dei contenuti.

Detto ciò, come possiamo adattare i contenuti in funzione della distanza visiva, e al suo cambiamento nelle varie situazioni d’uso? Marko Dugonjic ha sperimentato con un sistema di riconoscimento facciale come la distanza user-display, influenzava i contenuti tipografici in modo responsive (dinamico), usando delle “media queries” (delle richieste di contenuti opportuni a seconda del caso) in base alla distanza tra lo user e lo schermo. Più lo user si avvicinava allo schermo, più la grandezza dei caratteri (Fonts) diminuiva e vice versa. Con questa analisi possiamo identificare che la distanza visiva fa parte della user experience e che non è un limite per essa. Immaginandola come elemento tridimensionale del responsive design, la distanza è parte di ciò che crea le relazioni con i contenuti e lo user.

 

Touch Area

La touch area è la zona presa in considerazione in base alla misura dello schermo che la contiene. Questo ne determina le zone dello schermo più facili o più difficili da raggiungere.

maxheighttouch

Determinando come gli users (utilizzatori), usano queste aree sui differenti device, possiamo capire in quali zone posizionare i touch targets (ovvero i contenuti più importanti), i menu, e gli elementi di navigazione. Grazie a questa mappatura delle gesture (azioni dell’utente) sui display e/o schermi, è possibile valutare casistiche di utilizzo e relative problematiche. Pensiamo ad un utente in carrozzina che debba accedere al menu, sull’angolo in alto del display di McDonald’s, la UX sarebbe del tutto difficoltosa. Quindi potremmo pensare di inserire il menu di scelta nell’angolo in basso e renderlo accessibile all’utente in carrozzina ma difficoltoso per un utente di alta statura. Quindi potremmo pensare ad una telecamera aggiuntiva al display che riconosca l’altezza dello user e che risponda in modo interattivo posizionando il menu di selezione nella touch area migliore per lui.

Touch Target e Interazioni

Il touch target è la minima e massima misura di un elemento di interfaccia, tipo un bottone che deve intercettare il click di un dito. Creare misure sbagliate per questi target, comporterebbe un incapacità di funzionare. Pensiamo ad un pulsante troppo piccolo da cliccare, sarebbe impossibile interagire con l’app o addirittura essere tediosa, frustrando lo user a tal punto da abbandonare l’app. Al contrario un pulsante troppo grande, taglierebbe fuori informazioni necessarie all’interfaccia UI. Va quindi pensata una progettazione di tipo design for touch (design per l’area sensibile al tocco), e design for thumb (design per le dita o il tap).

Credtis: Steven Hoober
Credtis: Steven Hoober

Abbiamo capito, grazie a questi elementi che si può quindi intercettare le operazioni eseguite dagli users sulle nostre app attraverso gesture o click sul display. Questo ci permetterà di creare applicazioni sempre più a favore degli user, anche quelli con disabilità. E’ quindi una sfida constante alla user experience adattabile, pertanto dobbiamo approcciarci in modo Olistico a questo tipo di design.

 

Walter Fantauzzi

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Migliorare la UX con le “Functional Animation”

Finchè gli esseri umani saranno creature guidate dalla vista, l’impatto significativo delle immagini non potrà che aumentare grazie all’aiuto degli help animati.

I nostri occhi prestano subito attenzione agli oggetti in movimento, così come se fossero delle caramelle per gli occhi, occorre creare elementi accattivanti e vivaci che richiamano l’attenzione per creare applicazioni differenziate da quelle concorrenti.
Inoltre quest’ultimi elementi migliorano la UX. Occorrono animazioni rapide e corte per essere efficaci.
Con il supporto delle User Interface, vedremo come migliorare la UX nel seguente articolo grazie alle functional animation che ho trovato in giro per la rete, realizzate da Designer incredibili.

Cos’è una Functional Animation?

Si tratta di delicate animazioni incorporate nalla User Interface come parte di funzionalità del design estetico. Rafforzano il design nella sua funzionalità e rendono le operazioni più chiare:

1. Riducono il carico cognitivo.
2. Prevengono i cambiamenti di stato anonimi (indicano lo status di un elemento, tipo un loading con la clessidra).
3. Stabiliscono richiami alle relazioni spaziale degli elementi sullo schermo.

Negli approcci di design human-centered oriented, dove lo user è il principale punto di interesse, una UI deve essere intuitiva, responsive ed umana! Pertanto le Functional Animation permettono di colmare questi goals.

 

Il ruodo delle Functional Animation nella UId

Se ben cognegnata e testata la Funtional Animation (da qui in poi F.A.) ha il potenziale per soddisfare molteplici funzioni.

 

Visual Feedback nelle user action

Ottime interaction design producono feedback che ti fanno sentire parte integrante con gli elementi visivi dell’interfaccia, producendo dei risultati tangibili.
In questo caso un esempio sono i bottoni o i controlli che appaino nelle UI come elementi tangibili dientro un vetro. Questo vetro è l’unico ostacolo mentale tra noi e quell’elemento pertanto le Functional Animation creano un ponte, un tramite per superare questo scalino facendoci apprezzare immediatamente il sistema di imputo e i suoi modi di lavorare con un look and feel manipolabile.
E’ il caso dell’immagini seguenti scovate su Behance.

Buttons and other active controls should respond to user actions with visual feedback. Image credit: Behance

 


Image credit: Ramotion on Behance

I visual feedback, non tengono lo user in uno stato di dubbio sullo status di un elemento o di alcune azioni. Difatti in casi di operazioni non andate a buon fine, un’animazione ci farà capire che c’è un problema in modo semplice ed intuitivo. Di solito, troviamo in molte app, l’effetto shake del campo password nel caso in cui l’avessimo inserita male.
Lo users viene immediatamente avvisato tramite un’animazione che c’è un problema. Image credit: thekineticui

Possiamo definire quindi gli scopi finali della F.A. in:
1. Far riconoscere al sistema che c’è stata un’azione da parte dell’utente
2. Confermare o negare l’azione dell’utente.

Visibilità dello status del sistema

 

Come ci indica Nielsen’s nelle heuristics for usability, la visibilità dello status di sistema rimane il principio più importante nella UId. Lo user ha bisogno di sapere il suo attuale nel contesto del sistema senza avere dubbi su che cosa l’app stia facendo. Con una appropriata F.A. visuale, va comunicato allo user lo stato attuale dell’operazione richiesta o eseguita.

Nel caso di un upload di dati, possiamo sfruttare un’animazione che ci permetta di capire a che punto sia il caricamento dei dati, così come mostrato nell’animazione seguente.

Una simpatica animazione ci permette di distrarre lo user da un caricamento lungo e noioso.

Image credit: tympanus

 

A concludere l’articolo posso dirvi che, in qualsiasi posto si voglia piazzare una F.A., tenete sempre conto che deve dare supporto allo user nel farlo orientare su cosa sta accadendo durante l’uso dell’applicazione.

Rendete le app funzionali! Buona UXd

Walter Fantauzzi

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Experience Map

Le Experience Map (da qui in poi XM) è una delle documentazioni essenziali per i processi UXd. Sono un insieme di informazioni sull’esperienza degli users verso un prodotto o un servizio. Queste mappe documentano risultati, tecniche e processi della UXd in modo complesso ed articolato ma di vitale importanza.

Anatomia di una Experience Map
Anatomia di una Experience Map

Possiamo definire la XM come una mappa dello user che descrive una strategia sugli obiettivi da raggiungere, i metodi da utilizzare, gli strumenti più consoni e una pianificazione dei processi o eventi.
Le fondamenta della mappa sono prodotte dalla ricerca che contiene le proprietà qualitative, quantitative, i feedback delle interviste, i log, i responsi dei questionari, l’osservazione etnografica ed altro ancora.
Tutto questo insieme di informazioni da vita ai veri protagonisti, le personas, e alle loro azioni in base agli scenari e casi d’uso.
Definito questo gruppo di dati e di users (personas) analizziamo le loro sessioni corali e partecipative, per poi avere deduzioni e riflessioni analitiche per progettare strategie UXd e semplificare i flussi di uso.
E’ una sorta di bussola per orientarci all’interno del mondo degli users, di come vivono e usano le nostre applicazioni, e di come esse rispondono alle loro esigenze.
Tra l’altro, non sono mai dei documenti fini a se stessi ma, bensì, raccolgono le informazioni utili per la nostra ricerca di soluzioni al problem solving evidenziandone le criticità. Sono dei documenti, aperti e dinamici, che ci fanno da ponte con le vere necessità dello user.
La loro natura non definita e non definitiva, ma dinamica ed aperta le rende meravigliosamente “vive”.

A noi UXd non resta che individuarne i punti migliori, per sbrogliare la matassa delle criticità.

Walter Fantauzzi